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Registrare ultrasuoni con UltraMic 384K

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Ho iniziato una serie di test con l’UltraMic 384K della Dodotronic una piccola casa costruttrice di microfoni  fondata da Ivano Pelicella con sede a Roma. Ivano è un biologo con la passione per l’elettronica che ha progettato questo ed altri apparecchi per l’ascolto della natura. Il microfono è di tipo USB questo significa che non ha bisogno di registratori audio esterni ma che può essere attaccato direttamente al computer o ad uno smartphone o tablet che sia. Bisogna solo procurarsi programmi o applicazioni adatte a ricevere lo stream digitale che produce UltraMic. Per ulteriori dettagli tecnici vi rimando alla pagina del prodotto linkata sopra.

Bisogna fare una premessa, l’UltraMic non è da considerarsi un microfono come lo si intende nel settore audio; è più appropriato pensarlo come un sensore di ultrasuoni utilizzato per lo studio della comunicazione nel regno animale. È inoltre impiegato nel settore industriale per il monitoraggio dello stato di salute di alcuni macchinari.
Non può essere usato come microfono da studio o da field recording, perché la resa non è ottimizzata per la banda udibile, il segnale è un po più rumoroso e la resistenza alla pressione sonora è più bassa rispetto ai microfoni tradizionali. Come può tornare utile allora nella creazione degli effetti sonori?

UltraMic registra le vibrazioni nell’aria fino a 190Khz con frequenza di campionamento a 384Khz ed una risoluzione di 16 bit. Il range va ben oltre il limite medio delle apparecchiature audio che, ad eccezione di alcuni casi, non superano i 20Khz.
Benché le sorgenti di ultrasuoni ad altissima frequenza siano rare in natura (solo alcuni pipistrelli e alcuni cetacei raggiungono tali frequenze), gli ultrasuoni appena sopra 20Khz, e fino a 60Khz, sono meno difficili da produrre; la stessa voce umana genera frequenze che vanno oltre il limite della percezione umana. Se si eseguono delle registrazioni che catturano nel segnale anche gli ultrasuoni si possono tirare fuori timbriche interessanti, infatti rallentando la velocità e, di conseguenza, abbassando il tono del suono registrato si possono riportare nella banda udibile le frequenze catturate che stanno oltre i 20Khz. Quando questo tipo di processo viene fatto su una normale registrazione, che non ha informazioni ultrasoniche, il timbro sonoro tende a perdere ricchezza armonica perché, mano a mano che si rallenta, le alte frequenze spariscono facendo diventare il suono poco interessante. Avere a disposizione informazioni registrate oltre la soglia delle alte frequenze permette poter estremizzare il rallentamento del suono garantendo comunque una particolare complessità timbrica. L’utilizzo di questa “tradizionale” tecnica è da sempre usata per ottenere l’illusione di una maggiore dimensione della sorgente sonora. Avere la possibilità di estremizzarla, senza perdere informazioni sulle alte frequenze, genera molte possibilità nella ricerca di nuove timbriche.

Leggi anche: Buone ragioni per registrare a 192 Khz

I primissimi test, nudi e crudi, che ho eseguito li potete ascoltare nella playlist che segue, spero di poterne postare di più articolati in futuro. Naturalmente la tentazione di creare le classiche voci da mostri ha avuto la meglio! Si tratta quindi di registrazioni vocali, registrazioni fatte con un palloncino e infine un giocattolo per neonati e sfregamenti metallici fatti con una spatola. Alcune registrazioni sono rallentate fino a -90% della velocità normale e comunque minimo del -60%. Ho messo in catena un EQ, un riverbero e un compressore. In un caso ho usato un filtro modulato.  Ho intenzionalmente lasciato il fruscio per farsi un idea e, in alcuni momenti, si sente una sorta di ticchettio nella registrazione, quelli sono ultrasuoni generati da qualche alimentatore in studio che stava intorno a 160Khz e che è rientrato nella registrazione, un raro caso di ultrasuono ad altissima frequenza!

 

Mirko Perri

One Comment

  1. Non ci capisco molto, Mannaggia.
    Io sto cercando informazioni su suoni amplificati ultrasonori e come registrarli.

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