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Effetti sonori. Scala e prospettiva.

Designing suond è il blog che negli ultimi anni si è affermato come punto di riferimento nell’informazione online sul mondo del suono per cinema e videogame. Ci sono interessantissimi contenuti, ma la parte da leone la fa la special guest del mese, infatti collaborano al blog a scadenza mensile tutti i migliori sound designer del mondo che per 30 giorni riportando la loro esperienza e i loro consigli in articoli veramente interessanti. Oggi riporto la traduzione di uno di questi articoli scritto da Bruce Tanis sul montaggio degli effetti sonori.

Creare effetti sonori di gadget, macchinari e armi, al di la della banalità che possono avere questi oggetti come oggetti ordinari, è il lavoro principale di chi lavora nel montaggio degli effetti sonori. A volte però, proprio a causa della loro ovvietà, il nostro lavoro come designer di effetti sonori genera un risultato poco soddisfacente. Lavorare sulla sonorizzazione di mostri, creature aliene, tecnologie future o effetti su film-fumetto è un’altro tipo di discorso. Oggi vorrei discutere di semplici effetti meccanici in termini di scala e prospettiva.

Comincerò con la scala di un effetto. In parole povere, se, ad esempio, nella scena è presente un’oggetto, un dispositivo tascabile di qualsiasi genere, cerco di creare un suono che calzi esattamente le dimensioni di quell’oggetto per come lo si vede. Durante la mia esperienza ho notato che sonorizzare piccoli gizmo con suoni troppo grossi, o al contrario, sonorizzare oggetti di dimensioni planetarie con meccanismi microscopici come suono principale, non dà un buon risultato. I gadget tecnologici sono ormai l’elemento principale nella fantascienza o nei film d’azione, cerco sempre di iniziare la mia sonorizzazione con la dimensione adatta a quello che vedo sullo schermo. Se ad esempio qualcuno tiene in mano un palmare inizierò il mio lavoro cercando fra effetti di videocamere, stampanti o in generale di dispositivi di piccole dimensioni, e solo dopo se necessario li processerò. Quando devo creare accensioni particolari mi metto a cercare in mezzo a suoni di turbine, tunnel di vento , starter ad inerzia di motori aerei (li adoro!), so però che in seguito avranno bisogno di essere accelerati  o alzarti di tonalità perché abbiano la dimensione adatta per attaccarsi all’immagine di una piccola scatola che vediamo inquadrata dalla camera.

Nel film “The island” (2005) due personaggi lavorano nel laboratorio di vitamine iniettando nutrienti nei tubi che portano il cibo agli altri “isolani”, per sonorizzare il meccanismo delle “pistole iniettanti” ho usato un cavalletto tripode metallico, ho aggiunto uno sbuffo d’aria ricavato dal soffio di un piccolo trapano elettrico. Funzionava perché sembrava avere l’esatta dimensione della pistola sulla scena. Metà dello sforzo che si fa per “vendere” un’effetto, sta nel riuscire a creare il suono che il pubblico si aspetta di sentire da un determinato oggetto, senza preoccuparsi troppo della reale veridicità del suono stesso. I tricorder o i communicator in Star trek non esistono, ma il fatto di aver usato una sonorizzazione che è perfetta per la loro dimensione, fa si che li si accetti come una parte realmente esistente della scena. La chiave per accontentare il committente o per avere l’accettazione da parte del pubblico sta nella presentazione e nel confezionamento dell’effetto, più che nella creazione di suoni reali a tutti i costi. Stranamente a volte non serve che il suono sia giusto, ma serve che sembri giusto. Ed è buona regola, specie durante il mix, che il cliente non capisca che si sta montando una cosa per un’altra…

Tempo addietro ho lavorato sulla scena di inseguimento automobilistico, il cliente mi chiedeva che l’auto avesse il suono autentico della macchina in scena, ma doveva essere anche grande, “hollywoodiano”. Caratteristiche completamente opposte che si annullano a vicenda. Quindi ho optato per il suono grande. Ho montato il motore di una Camaro su una Corvette, perché della Camaro avevo tutte le manovre che mi servivano, e anche perché, dei grossi motori, era la registrazione migliore che avevo a disposizione. Avevamo anche registrato la Corvette, ma la Camaro era di gran lunga più appropriata per la scena e infatti il cliente era entusiasta. Peccato poi che gli è capitato in mano il foglio con la lista degli effetti, e quando ha letto “Camaro” si è alterato in maniera esagerata: “Ma ci sta una Corvette sullo schermo! Abbiamo pagato un’extra per avere quella macchina!”. Cosi ci siamo mossi, siamo ritornati di nuovo a lavoro per il motore di quell’auto. Tornando in sala mix, il cliente ha preso il foglio con la lista ha letto Corvette e lieto perché lo avevamo accontentato ha detto: “Vedete! Questa è l’auto giusta!”
Bene in realtà non avevamo cambiato nulla, se non ristampare la lista di effetti cambiando la voce “Camaro” con “Corvette”. Con ciò non sto suggerendo a nessuno di mentire al proprio cliente, è semplicemente un’aneddoto per far capire quanto conta il modo di presentare un suono più che il suono stesso. Come direbbe Jay Wilkinson:”Parti con il giusto effetto…e fermati li”. Vorrei aggiungere:”Parti con il giusto effetto o parti da dove ti pare basta che abbia la giusta dimensione.

Un’altro elemento cruciale nella creazione del suono che, da pubblico, ci aspettiamo sia esatta, è la prospettiva. Ascoltiamo i suoni che ci circondano tutti i giorni tutto il giorno, e questa cosa ci porta ad una conoscenza insita della prospettiva sonora perché è figlia di un meccanismo di sopravvivenza che ci appartiene come specie e che riportiamo naturalmente nella fruizione di un film. Un suono molto forte è indice di qualcosa che probabilmente ci sta molto vicino, quindi di qualcosa potenzialmente pericoloso al quale bisogna portare attenzione per evitare situazioni spiacevoli. Al contrario un suono fievole appartiene a qualcosa che è distante e quindi probabilmente non richiede la nostra attenzione in maniera immediata. Naturalmente queste sono banali generalizzazioni che servono solo ad illustrare la nostra propensione a prendere decisioni più o meno immediate in base a quello che abbiamo sentito in passato. Una rumorosissima frenata con gomme che fischiano sull’asfalto suggerisce che non si vorrebbe essere in mezzo alla strada proprio in quel momento. Non c’è bisogno di vedere l’auto, basta quel suono familiare a tutti per determinare il pericolo che esiste in quel momento. E’ una capacità che abbiamo sviluppato per stare al mondo in maniera sicura, ed è un tipo di cosa che ci aspettiamo sia corretta nel linguaggio sonoro cinematografico. Se quello che sentiamo non è quello che ci aspettiamo di sentire, sembra falso errato e ci catapulta fuori dal film.

Per fortuna il raggio d’azione su questo lavoro è molto ampio e non tutti i film devono per forza suonare tutti uguali, altrimenti dove sarebbe il divertimento? Mi piace usare come esempio Randy Thom perché riesce a prendere ogni volta la giusta decisione. In questo caso mi riferisca alla sua Macchina in Contact (1997). La macchina è complessa e potente (e della giusta dimensione!) in maniera meravigliosa. Quando ho sentito il suono di quegli anelli rotanti, ho pensato che fosse proprio il suono che avrebbero fatto nella realtà, ma quello che lo rende ancora più “vero”, è il modo in cui Randy ce li fa ascoltare quando sono inquadrati a kilometri di distanza. Ha preso gli elementi sonori della macchina e li ha semplificati in un modo in cui ci si aspetterebbe di sentire quel suono da quella distanza, senza perdere il senso di ciò che abbiamo ascoltato nel piano stretto della macchina. E’ fatta veramente bene.

Di recente in un episodio di “Fringe”, quasi tutto ambientato in una piccola città, dove persone dall’aspetto grottesco erano nascoste da un misterioso generatore che si trovava all’interno di una cantina del paese. Il produttore aveva espressamente richiesto che il rumore d’induzione elettrica del generatore fosse presente per tutta la puntata in tutte le scene all’interno del paese. Ma una puntata di Fringe dura 43 minuti e va in onda senza interruzioni pubblicitarie, credo che nessuno voglia ascoltare per 43 minuti di fila il suono di un’induzione elettrica! Cosi la mia soluzione è stata quella di creare il suono del generatore geograficamente disposto, in maniera che, a seconda di dove ci si trovava all’interno del paese, il suono potesse avere un carattere più o meno complesso. Fuori dai confini del paese il suono d’induzione era calmo e gentile, quando ci si trovava all’interno della città aggiungevo sempre più livelli di complessità per dare più potenza e prossimità al generatore. Alla fine quando si arriva all’interno della cantina in cui si trova il macchinario, il suono diventa molto più complesso e si aggiungono all’induzione click di valvole o sbuffi d’aria, suoni che prima non avevamo mai sentito. Da notare che il suono del generatore ha molti più movimenti quando non è inquadrato e distante, mentre nel momento in cui è in scena è molto più energetico, ma molto più statico. Un’altro esempio di prospettiva viene da un’esperienza di qualche anno fa. Un film supervisionato da Scott Hecker e missato agli studi Todd-AO da Richard Portman. Due grandi professionisti con i quali ho avuto l’onore di lavorare. Ad un certo punto Richard contestò il suono di un treno lontano che era stato montato. La spiegazione, che Scott mi ha gentilmente riportato, è stata una lezione che non ho mai dimenticato. Disse, guardando una foto che gli stava difronte sulla consolle: “Questa è un primo piano, lo puoi guardare da una parte della stanza o dall’altra, ma rimarrà sempre un primo piano”. Con ciò intendeva che il suono che avevamo montato era la ripresa di un suono vicino trattato come se fosse lontano. Per lui non funzionava, e aveva ragione.

Bruce Tanis per Designing sound
Traduzione Mirko Perri

Mirko Perri

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